Giocheresti a golf per 82 giorni? Storia di una partita infinita

L’aria di settembre è limpida, c’è silenzio. La bandierina rossa della 18a buca svetta sopra la distesa verde, a contrassegnare il piccolo foro nero che interrompe il green. Si trova a poco più di 2 metri da Adam Rolston, nemmeno molto lontana.

L’uomo stringe il ferro, osserva la pallina e la buca di fronte a sé. Dovrebbe essere nervoso: è un tiro importante per lui e per chi lo segue. Eppure, dentro di sé ha lo stesso silenzio che lo circonda. Ci sono solo lui, la pallina, l’ultima buca.

Il suo corpo si piega all’indietro come ha già fatto migliaia di volte, l’impatto del ferro gli risuona nelle orecchie. Una macchia bianca scivola sul verde, si avvicina al carminio della bandierina, esita sul bordo della buca. Entra.

Ce l’ha fatta.

È il 16 settembre 2017 e Adam Rolston ha appena concluso una partita lunga ottantadue giorni, nel campo da golf più lungo del mondo.

Dal rugby al golf il passo è (non così) breve

Adam è uno sportivo nel senso più ampio e puro del termine: è un giocatore di rugby professionista e ama tutto ciò che è movimento, sfida. Per anni la sua squadra di Hong Kong è stato il centro del mondo, il carburante di questa fame insaziabile di avventure. Tutto questo sta per finire, però: a breve lascerà il professionismo. Quindi è davvero tutto finito? Niente più adrenalina? Niente più sfide impossibili?

Nel circolo degli amanti del rugby c’è un nome che torna spesso: Ron Rutland, il vero protagonista della Coppa del Mondo di Rugby 2015. L’uomo è partito dal Sud Africa e ha attraversato ogni singolo paese del continente, per poi sbarcare in Europa e arrivare a Brighton, dove la sua nazionale ha perso miseramente. Tutto questo in bicicletta. Lo scopo ultimo era raccogliere fondi da dare in beneficenza, ma che avventura dev’essere stata!

Adam incrocia Ron in Kenya. L’uomo sta facendo un discorso motivazionale alla sua – a breve – ex squadra. Ne rimane folgorato: quell’uomo è un pazzo o un genio o entrambe le cose. Se c’è qualcuno che non è mai a corto di grandi avventure, quello è Ron. Chissà se ne avrebbe una anche per Adam. Vale la pena tentare.

Adam lo approccia, condivide con lui il desiderio di fare qualcosa di diverso, di importante, di grande.

Ron riflette, gli lancia un’occhiata di sottecchi. Quel sorrisetto è la promessa di qualcosa di folle e geniale in arrivo.

«Dicevi che ti piace giocare a golf

20.000 tiri attraverso la Mongolia

La Mongolia è un paese enorme, eccezionale dal punto di vista ambientale e culturale. Da quelle parti, il golf è uno sport semisconosciuto, roba da occidentali. C’è un campo nella capitale e poco altro in giro, il che è un peccato: gli scorci desertici e le distese a perdita d’occhio di erba sarebbero l’ideale per organizzare partite epiche. Beh, è tempo di rimediare.

Il 28 giugno, dopo mesi di preparativi, Adam e Ron sono pronti per affrontare il campo da golf più lungo del mondo. Ron è il caddy e guida il carretto nel quale ci sono i ferri, le palline e tutto il resto. Adam, il protagonista di questa avventura, apre la strada e porta con sé solo uno zainetto e la mazza da golf. Fino a questo momento, ha giocato a golf solo a tempo perso; chissà se il suo swing migliorerà, grazie a tutto l’esercizio che lo aspetta.

Il cielo è limpido ma fa caldo e l’aria è piena di zanzare. Ne allontana qualcuna con la mano, mette la pallina in posizione. Il cuore gli rimbomba delle orecchie, le mani sono sudate; le stringe intorno al ferro, si piega all’indietro, troppo rigido. La pallina attraversa il cielo azzurro della Mongolia più a sinistra di quanto avrebbe voluto: non è un gran tiro.

Pazienza: lo attendono 1.850 km di campo per esercitarsi. L’avventura è solo all’inizio.


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