Immagina di dover affrontare di nuovo tutte le difficoltà tipiche di un golf addict alle prime armi, però senza una gamba o senza un braccio o addirittura senza la vista. Sarebbe un’impresa impossibile? Eppure ci sono persone come Steward Harris, che riescono a giocare a golf anche con una disabilità.
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La vita allo sbando di Steward Harris
Com’è possibile colpire una pallina che non vedi? Tra tutti gli sport esistenti, il golf sembrerebbe il meno adatto a una persona ipovedente o non vedente. Era quello che credeva anche Steward Harris, prima di perdere parte della vista in guerra e diventare un golf addict.
In quanto membro dell’esercito britannico, Steward ha vissuto per 13 anni in mezzo alla violenza, vedendo i lati peggiori dell’essere umano. L’uomo è stato di stanza in Irlanda del Nord, Kosovo, Bosnia, Iraq e infine arriva in Afganistan. È in quest’ultimo paese che si chiude una fase della sua vita e se ne apre un’altra, per certi aspetti molto più difficile.
Durante uno dei tanti viaggi attraverso l’Afganistan, il veicolo di Steward passa sopra un ordigno dei Talebani. L’esplosione fa volare l’uomo per centinaia di metri, gettandolo infine a terra con una forza inaudita. A causa dello schianto, l’uomo perde la vista dall’occhio destro e buona parte dell’udito, diventando quasi del tutto sordo. I danni più devastanti non sono quelli del corpo, però.
Steward convive con incubi ricorrenti, pensieri ossessivi riguardanti la guerra, un costante senso di inutilità. Non si sente abbastanza né per la moglie né per i figli.
Finché un giorno non scopre il golf.
Il golf può salvarti la vita
Steward ha toccato il fondo: la vita è diventata una sfida troppo gravosa, che non vale più la pena affrontare. Per evitare il peggio, la moglie è costretta a farlo ricoverare in una struttura psichiatrica. È qui che l’uomo conosce Martin e il golf. Martin è un altro veterano e, un giorno, decide di insegnare a Steward come si gioca a golf.
Immagina i problemi dei tuoi primi swing e moltiplicali per dieci. Avrai una vaga idea delle difficoltà di Steward, che non ha mai giocato a golf prima di conoscere il suo nuovo insegnante. Le palline volano ovunque, tranne che nella direzione giusta. Quando riesce a colpirle. Eppure, il novello golf addict è contento: gli piace la sensazione del proprio corpo che ruota nello swing, il profumo dell’erba, la pace che regna sul green.
Dopo quei primi goffi tentativi sul green, Steward fa molti passi in avanti: oggi non solo insegna a giocare a golf ai veterani come lui, ma compete in tornei nazionali aperti a tutti, non solo a persone con disabilità.
Una regola per ogni occasione
La storia di Steward è di grande ispirazione ma, nei fatti, come si gestisce un round al quale partecipa un giocatore diversamente abile?
Per rendere il golf uno sport davvero inclusivo, la United States Golf Association e la R&A hanno elaborato un set di regole per i golfisti diversamente abili. Il set comprende una lunga serie di modifiche – troppe per elencarle in questa sede – da applicare quando:
- un golfista con disabilità gioca con altri non aventi disabilità;
- più golfisti con la stessa disabilità giocano tra loro;
- golfisti affetti da disabilità diverse giocano tra loro.
L’obiettivo è che tutti i golf addict siano sullo stesso piano, affinché possano contendersi la vittoria nel modo più equo possibile. Non sempre è facile, specie perché le variabili sono moltissime e difficili da riassumere in un semplice set di regole modificate. Per questo motivo, la USGA e la R&A aggiornano le regole il più spesso possibile, interagendo con le associazioni di golfisti diversamente abili sparse nel mondo.
La strada da fare è ancora tanta, ma non è un problema: ogni anno ci sono sempre più persone come Steward, che sognano un golf davvero senza frontiere.
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