Per Viktor Hovland, il PGA Tour è on the road

Chiunque debba viaggiare in questo periodo, sa quanto può essere disagevole prendere un aereo proprio ora. Negli Stati Uniti la situazione è ancora peggiore, dato che la fase acuta dell’emergenza Covid-19 è ancora in corso. Dovrebbe stupire poco, quindi, che qualcuno si affidi a mezzi di trasporto alternativi.

Tipo il golfista Viktor Hovland, che sta seguendo il PGA Tour in auto.

Oltre 40 ore su strada

Da quando gli eventi del PGA Tour sono ripresi, il norvegese Viktor Hovland sta vivendo di bevande energetiche. Questi concentrati di zuccheri e caffeina sono infatti l’unico modo per rimanere in piedi tutta notte, alla guida, dopo una giornata passata sul green. Non proprio l’approccio più sano a degli eventi sportivi, potrebbe dire qualcuno, ma la cosa non sembra toccare il buon Viktor.

Il ventitreenne ha finora percorso oltre 5.000 km on the road e ha guidato oltre 40 ore. Tutto questo per seguire il PGA Tour senza prendere neanche un aereo. Un’impresa non da poco, considerato il numero di eventi cui ha partecipato tra giugno e luglio, sparsi in tutti gli stati degli U.S.A. e talvolta anche in giorni vicini tra loro.

Ad oggi, il momento peggiore pare essere stato il viaggio dal Colonial Country Club fino all’Hilton Head Island: quasi 2.000 km in 16 ore di auto, quasi tutte fatte al buio. Intervistato in merito, il giovane ha affermato che: “non si vedeva granché e non sentiva molto bene”. Strano.

Per fortuna, pare che affronterà il PGA Championship senza RedBull nelle vene. In occasione del suo primo Major, sembra che si arrischierà a prendere un aereo in modo da arrivare fresco come una rosa.

Tutta colpa del Covid-19?

Sarebbe facile dare per scontato che Viktor si sia tuffato in questa impresa per colpa del Covid-19. Come accennato all’inizio, in questo periodo gli aerei sono nel mirino. A dispetto delle norme di sicurezza, gli spazi rimangono ristretti e le possibilità di ammalarsi sono fin troppo concrete. Non sarebbe così strano, se Viktor avesse deciso di evitare il problema alla radice.

La cosa strana è che Viktor non si è imbarcato nell’impresa a causa del Covid. La pandemia l’ha sicuramente aiutato a vincere le ultime resistenze, ma non l’ha spinto a prendere questa decisione in primo luogo. A detta sua, ha deciso di guidare perché si trovava meglio. Insomma, quando ti muovi in auto la tua tabella di marcia è più flessibile, puoi fermarti per vedere i posti che ti interessano, fare un po’ di vacanza.

E poi a lui piace guidare.

Per passare il tempo, si è tenuto compagnia con un po’ di podcast e, quando voleva qualcosa di un po’ più energetico, con della buona musica metal.

Un trend che si fa strada

Può darsi che Viktor Hovland non abbia optato per l’on the road a causa del Covid-19, ma non è stato così per altri. La paura della pandemia ha infatti toccato molti dei partecipanti, che sono subito corsi ai ripari per esporsi il meno possibile al contagio.

Chi se lo può permettere ha affittato un jet privato, risolvendo in un sol colpo il problema delle code per il check-in e quello del Covid. Tutti gli altri hanno optato per il più economico viaggio su quattro ruote. Ad esempio, C.T. Pan e sua moglie hanno deciso di seguire l’esempio di Viktor, approfittandone per percorrere le strade più panoramiche. Come loro, molti altri.

A onor del vero, i viaggi on the road per seguire il PGA Tour non dovrebbero sembrarci così tanti strani. In fondo, fino all’inizio degli anni ‘80 era così che buona parte dei Professional si muoveva. Erano tempi in cui gli aerei di linea costavano ancora tanto, troppo per chi era agli inizi.

Quindi forza e coraggio: se ce l’hanno fatta le vecchie glorie, non c’è nulla da temere.


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