Da dove vengono i termini del golf?

I termini del golf sono avvolti da un’aura quasi mitica, a partire dal temine “golf” stesso. Tradizione vuole che sia l’acronimo dell’inglese “Gentlemen Only Ladies Forbidden” (traducibile pressapoco come “solo per gentiluomini, vietato alle donne”), ma gli studiosi ci confermano essere una leggenda. Allora da dove arriva il nome dello sport più bello del mondo? Perché i punteggi sono pieni di volatili?

Vediamo…

L’origine della parola “golf”

L’origine della parola “golf” non affonda le radici in una presa in giro misogina, ormai è chiaro. Da dove arriva, allora? Purtroppo, questo è molto meno chiaro ed è soggetto a speculazioni di linguisti e storici. L’unico punto fermo della storia è quello di arrivo: nel primo dizionario di lingua inglese della storia, uscito nel 1755, lo sport che tutti amiamo viene chiamato “golf”.

Nel 1755 la parola “golf” era quindi consolidata, di uso comune, sinonimo di 18 buche e swing. Nei documenti precedenti a questa data, però, troviamo una miriade di varianti del termine: “kolf”, “golve”, “gowfe”, “gouf” e decine di altri. Probabilmente, chi scriveva il termine cercava di trascrivere la fonetica della parola; non avendo un dizionario a disposizione come riferimento, questo lasciava ampio spazio alle variabili.

Ad ogni modo, pare che l’origine della parola “golf” sia tedesca: gli scozzesi hanno inventato il golf che conosciamo, ma la primissima versione dello sport sarebbe olandese. Nel tedesco medievale esiste la parola “kolben”, che significa “mazza”. L’olandese del 1200 riprende questo termine, trasformandolo però in “kolf”, uno dei nomi dello sport visti sopra. Da qui a “golf” il passo è relativamente breve, quindi è probabile che la parola venga da qui.

“Birdie”, “eagle” e altri volatili

I diversi termini indicati per usare i punteggi hanno invece un’origine molto più recente, collocabile tra il 1899 e il 1903. Le fonti concordano però su un punto: quasi tutta la terminologia attuale parte dal termine “birdie”, oggi usato per indicare un punteggio di -1 sul par.

Nello slang degli Stati Uniti del XIX secolo, “bird” era il sinonimo dell’attuale “cool”, traducibile in italiano pressapoco come “forte” o “fantastico”. Quando qualcuno faceva un bel tiro, quindi, era normale fare un’esclamazione del genere. Il termine non era legato a nessun punteggio in particolare, però.

Il termine “birdie” nacque durante un match presso l’Atlantic City Country Club nel 1899, secondo l’USGA, o nel 1903, secondo il club stesso. Quale che sia la data esatta, pare che il merito fu di Ab Smith, che dopo un tiro molto buono esclamò: “That was a bird of shot” (impossibile da tradurre letteralmente, ma significa pressapoco “quello sì che era un gran tiro”).

Dopo l’esclamazione, l’uomo scommise di riuscire a finire la buca solo con un altro tiro, quindi un punto sotto il par. Vinse la scommessa e il gruppo soprannominò l’impresa “birdie”. In breve tempo, il termine prese piede tra i soci del club e nel 1910 era comune in tutti gli Stati Uniti.

Non conosciamo l’origine esatta dei termini “eagle” e “albatros”, ma probabilmente sono l’estensione di quel primo “uccellino”.

“Bogey”, il punteggio del diavolo

I volatili indicano i punteggi buoni o addirittura eccezionali, come il mitico “condor”. Se invece il punteggio è di 1 sopra il par, si parla di “bogey”. Pare che il termine nasca prima di “birdie”, più o meno nel 1890 presso il Great Yarmouth Club.

Nella mitologia scozzese, il “bogle” era un goblin; in seguito, “Bogey-man” divenne sinonimo di diavolo. All’epoca della nostra storia, c’era una canzone molto popolare che recitava proprio: “Zitto! Zitto! Zitto! Sta arrivando il Bogey Man”, facendo riferimento proprio al demonio.

Nel 1890 Mr Hugh Rotherham, il segretario del Coventry Golf Club, standardizzò il numero di colpi necessari per completare ciascuna buca. Il Dr Browne, segretario del Great Yarmouth Club, applicò questo standard alle competizioni. Durante una di queste, il sindaco Charles Wellman definì uno dei giocatori “a regular Bogey man”, riferendosi proprio a quella canzone. Ben presto, l’espressione prese piede.

All’inizio, “bogey” indicava il punteggio in generale. In un articolo del 1892, però, il termine venne usato in un articolo de The Field con una connotazione negativa. Il giornalista riportava come tutti i partecipanti a un torneo fossero stati sconfitti dal campo, definendo quest’ultimo “the bogey”. A metà ‘900, ormai “bogey” era diventato sinonimo di un punteggio non particolarmente buono.

Proprio quello che ti aspetteresti da un campo infernale.


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