Gli imbrogli più imbarazzanti della storia del golf

Imbrogli nel Golf

Gli imbrogli sul campo da golf sembrano roba da amatori, qualcosa che un Professional non oserebbe mai fare. Eppure, di tanto in tanto, emergono casi anche tra gli insospettabili. A volte sono colpi di fortuna ambigui, altre volte sono imbrogli in piena regola.

In questo articolo vedremo alcuni degli imbrogli più imbarazzanti della storia del golf. Tra quelli che conosciamo, quanto meno.

Patrick Reed, 2019 Hero World Challenge

In un articolo dedicato ai golfisti più “antipatici”, abbiamo accennato alla pessima fama del giocatore. Quando frequentava l’università, i compagni di squadra lo accusarono di barare sul campo e perfino di rubare dagli armadietti. Non sappiamo quanto ci fosse di vero nelle accuse, ma fu comunque cacciato dalla squadra.

Passano gli anni, ma le voci rimangono le stesse (armadietti a parte). Avversari e spettatori affermano di averlo sorpreso più volte a barare sul campo, anche se non sempre con prove alla mano. Tranne nel 2019: quell’anno, Reed fu colto con le mani nella marmellata.

Durante l’edizione 2019 dell’Hero World Challenge, qualcuno filmò Reed mentre spazzava la sabbia di fronte alla propria pallina, per facilitare il tiro. Un colpo di testa passeggero? Non proprio, dato che venne sorpreso a farlo due volte di fila.

I giudici decisero ovviamente di penalizzarlo per la scorrettezza. I giudici più severi furono però quelli in rete, che continuano tutt’oggi a rinfacciargli la cosa.

A detta di Reed, le accuse rivoltegli sono ingiuste: in un’intervista, ha affermato che sbagliare sul campo è normale e che le penalità servono proprio in casi del genere. A detta sua, non avrebbe mai cercato di barare per facilitare il proprio gioco.

Tiger Woods, 1999 Phoenix Open

La storia che coinvolge Tiger Woods è un po’ più controversa, dato che il campione non fece nulla in prima persona. Diciamo che il suo seguito fece da braccio armato, in quell’occasione.

Era il 1999 e Woods stava giocando il Phoenix Open; ara arrivato alla 13a buca e si era imbattuto in un masso. Mancava poco per raggiungere il green – pressapoco un tiro – ma il masso era molto vicino alla pallina e ostacolava il tiro. Al che il campione ebbe un colpo di genio, oltre che una notevole faccia tosta.

Woods chiese ai giudici se il masso poteva essere considerato un ostacolo mobile, alla stregua di una foglia secca o di una pietra in un bunker. I giudici gli risposero di sì, al che il campione si rivolse al proprio seguito: potevano fargli il favore di spostare il masso? Questi gli risposero di sì.

In una delle scene più surreali del mondo del golf, seguito e fan di Woods spostarono il masso e liberarono la via al green.

Tecnicamente, Woods non barò: se riesci a convincere il tuo seguito, puoi far rimuovere qualsiasi oggetto non sia ancorato al terreno e non faccia parte del percorso. Certo, qualcuno fa notare che non fu una giocata propriamente corretta, seppure legale.

Jane Blalock, 1972 Bluegrass Invitational

Uno degli imbrogli che ha fatto letteralmente la storia del golf è quello (presunto) di Jane Blalock, uno dei simboli del professionismo femminile. Quando si ritirò, aveva collezionato 27 vittorie in tour ed era riuscita a superare 299 tagli di fila. Eppure, oggi la ricordiamo per un processo che andò avanti dal 1972 fino al 1975.

Nel 1972, Blalock stava partecipando al Bluegrass Invitational ed era arrivata al secondo round. A un certo punto, però, venne richiamata da un membro del comitato esecutivo del torneo: era stata squalificata per comportamento scorretto. Secondo le accuse, la campionessa aveva compilato il proprio talloncino segnapunti e segnato la pallina in modo improprio, al fine di far girare il gioco a proprio favore.

La storia sarebbe finita qui, non fosse che Blalock era accusata di aver ripetuto lo stesso giochetto più volte, nel corso dell’anno passato. Per questa ragione, il comitato del LPGA decise di squalificarla per un anno e di riprendersi i soldi che aveva durante l’ultimo tour.

Data la gravità dell’azione, Blalock passò subito per le vie legali. Il processo finì su tutti i giornali e si trascinò fino al 1975, quando il comitato dovette pagare alla campionessa $13.500 di danni e $95.303 di spese legali. Eppure, l’ombra dell’imbroglio non si dissipò mai del tutto.


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